euro e società di persone, ancora


 

Not. Maria Alessandra Panbianco:

 

Sulla questione in oggetto ... mi mancano dei centesimi!
Secondo il punto di vista "tradizionale" (autorevole): "nessun adempimento è necessario per le società di persone, il cui capitale sarà direttamente contabilizzato in euro con i normali arrotondamenti al secondo decimale senza alcun obbligo di deposito al registro delle imprese".

In effetti sembrerebbe proprio che il capitale sociale sia "importo soggetto ad autonoma determinazione", anche nelle società di persone, e quindi che debba essere oggetto di conversione con arrotondamento ai centesimi.


Ma è cosi'?

La legge 383/2001 dice " per le società di persone, in conformità alle disposizioni recate dai regolamenti (CE) n. 1103/97 del Consiglio del 17 giugno 1997 e n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998, l'operazione di conversione degli importi, espressi in lire, delle quote di conferimento
indicate nell'atto costitutivo costituisce mero atto interno della società da adottare con semplice delibera dei soci. "


Lasciamo stare l'espressione "atto interno ... da adottare con semplice delibera (sic!) dei soci": nessuno sa cosa sia, di preciso questo fantomatico "atto interno/delibera"!


Per il resto, si parla di conversione riferendola agli " importi, espressi in lire, delle quote di conferimento".

 

E' qui che si possono perdere dei centesimi (valgono poco, tutto sommato, neanche 20 lire l'uno, ma i risultati della conversione possono divergere).

Poniamo il caso di una Snc con capitale 10.000.000 suddiviso tra i soci in 2 quote uguali di 5.000.000 l'una.


Facciamo la visura camerale oggi e ... vediamo che il capitale sociale è ancora indicato in lire italiane (non c'è stata conversione automatica del valore, ventilata da qualcuno).


Verrebbe la tentazione di considerare il capitale sociale di 10.000.000, indicato in visura, come 5.164,57 (arrotondamento per eccesso al secondo
decimale, secondo le regole legali di conversione): cosi' farebbero, sicuramente, i commercialisti qualora dovessero redigere un bilancio o altro documento contabile.


Io, pero', come notaio devo fare, poniamo, un atto di cessione di quote: esce un socio e ne entra un altro.

Ai fini notarili il capitale sociale non è oggetto di autonoma determinazione: sono le quote che dovrei convertire (rectius: dare per convertite), sommando le quali ottengo il capitale sociale.


In soldoni: tenderei a negare che il capitale sociale, nel caso di specie, debba essere convertito (dato per convertito), convertirei le due quote uguali secondo i criteri matematici di conversione e arrotondamento in euro 2.582,28, ciascuna, e considererei il capitale sociale pari a euro 5.164,56 (perdo un centesimo rispetto alla conversione matematica dell'importo in lire del capitale sociale).


Passiamo oltre: mi chiedo, la mancata conversione dei valori del capitale sociale delle società di persone finora espressi in lire, nelle visure e nei certificati camerali, è un caso (domani, ad es., Infocamere provvederà) oppure corrisponde ai principi di diritto ricavabili dalla normativa affastellatasi finora: occorre questo benedetto "atto interno/delibera", che per quanto mi riguarda potrebbe anche essere un bell'S2 corredato dagli intercalari P (per chi volesse fare risultare la conversione al registro imprese) oppure no?

Secondo me la conversione avviene/è avvenuta "di diritto", sul presupposto di questo atto interno (non formale) dal quale desumere il consenso di tutti i soci, atto che ha avuto ad oggetto la conversione delle quote sociali (non, direttamente, del capitale sociale): negli atti modificativi di società di persone, che stipuleremo da qui in avanti per i piu' svariati fini, si tratterebbe solo di darne atto (magari nelle premesse) onde poi "sistemare" sia il certificato camerale che il testo dei patti sociali (già oggetto di modifiche per loro conto) esponendo i valori in euro "definitivi".


Vedete controindicazioni o problemi vari in un simile procedere?

 

Not. Adriano Pischetola, espone:

 

La teoria 'tradizionalè offre più di un motivo valido per  ritenerla plausibile.

 

Se il legislatore solo con la legge n. 383/2001 (in quanto prima di essa nessuna norma imponeva la conversione del capitale delle società di persone nè dettava modalità alcuna perchè a ciò si dovesse addivenire necessariamente, anche soltanti ai fini pubblicitari) ha sentito l'esigenza di precisare che le operazioni di conversione degli importi, espressi in lire, delle quote di conferimento indicate nell'atto costitutivo di tali società costituiscono 'un mero atto interno' da adottare con semplice delibera dei soci, lo ha fatto presumibilmente proprio per spazzare il campo dal dubbio che l'adozione formale di tale tipo di delibera fosse atto necessario ed imprescindibile per ritenere effettiva la conversione.

 

L'intervento del legislatore non ha voluto stabilire una modalità 'in più' per addivenire alla conversione [ricordiamo qui che l'articolo 9 della legge al vaglio è riportato nel Capo IV intitolato 'Soppressione di adempimenti inutili  -sic! - e semplificazioni'), ma solo per negare timbro di 'ufficialità' alla delibera stessa (in quanto mero atto interno) della società allo scopo 'eventualmentè adottata, delibera che peraltro per meri motivi di ordine pratico è anche auspicabile che sia stata adottata, dandone pubblicità presso il Registro dele Imprese, con le modalità pratiche che sono state spesso suggerite dagli stessi Conservatori dei vari Registri delle Imprese.

 

Ma se questa delibera non c'è stata ed anzi (io direi di più) seppure, in mancanza di tale delibera, vi sia stato adeguamento automatico ai valori in Euro con modalità errate od imprecise, mi pare ovvio che questa circostanza di mera natura pubblicitaria nulla possa aggiungere alla situazione di diritto, eventualmente da 'ricostruire’ applicando le norme generali di conversione previste dal Regolamento comunitario e dal D.Lgs. 213/1998.

 

Tale 'ricostruzione’ dovrà avvenire procedendo alla conversione preferibilmente sulle quote e non sul capitale e tenendo presente quanto già sostenuto nel documento 'Guida operativa - Introduzione all'Euro' elaborato di recente dal CNN, e cioè che 'non esiste, per quanto riguarda tutte le società di persone, alcuna norma che imponga una coincidenza tra l’ammontare del capitale sociale e l’ammontare delle quote di partecipazione spettanti ai singoli soci' : quella funzione di organizzazione che la disciplina delle società di capitali rimette alla nozione di capitale sociale, nelle società di persone è affidata ad altri criteri, quali il valore del conferimento eseguito o la partecipazione del socio agli utili e alle perdite stabilita nell’atto costitutivo.' 

 

Mi pare che argomentando diversamente da quanto sopra, non si spiegherebbe tutto il dibattito pure sorto in dottrina circa la obbligatorietà o meno della conversione anche con riferimento alle stesse società di capitali, avuto riguardo alla regola generale che vale per ogni strumento giuridico ai sensi dell’art. 6, c. 2, Reg. 974/1998, per cui "ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un’unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all’unità euro in base al tasso di conversione" (cfr. CNN  16.10.2001, Studio n. 3596).